Esiste un burro fatto con la CO₂ 

18/07/2025

Allora, non sarà un articolo facile da leggere, soprattutto perché vedrai scritto “burro” e "CO₂” nella stessa frase più e più volte. Ma noi siamo qui anche per raccontarti cose strane, scoperte particolari e news dal mondo. 
Gli ingredienti di questo articolo sono appunto due: il burro e la CO₂. Cosa c’entrano? Niente. Ed è proprio questo il bello.  

 


Breve panoramica sulla CO₂ 

La CO₂, ovvero anidride carbonica, è un gas naturalmente presente nell’atmosfera ma in aumento a causa di chi? Dell’essere umano, esatto.  
Di base ne produciamo troppa, soprattutto bruciando carbone, petrolio e gas naturale per ottenere energia. Più CO₂ > più calore trattenuto nell’atmosfera > temperature che salgono, ghiacciai che si sciolgono, eventi estremi più frequenti. Insomma: la classica catena "una cosa tira l’altra", ma in versione catastrofe. 
Nel 2023 sono state emesse circa 37,4 miliardi di tonnellate di CO₂ a livello globale 
In Italia invece i dati ci dicono che ogni italiano emette circa 5-6 tonnellate di CO₂ all’anno e di queste, oltre il 40% è legato all’uso dell’energia domestica e ai trasporti. Di conseguenza diventa davvero importante ottimizzare i trasporti e scegliere elettrodomestici con una buona efficienza energetica.  

 

Da CO₂A nasce CO₂A

Allora, cercheremo di spiegarti questa cosa nel modo più semplice possibile, ma devi sapere che parte tutto dalla chimica.  
Partiamo dalla struttura della CO₂: un atomo di carbonio legato da due doppi legami con due atomi di ossigeno. Easy.  
 
Il burro invece? È un mix: circa 80% trigliceridi, poi acqua, lattosio, proteine, sale e altre cosine. I trigliceridi sono composti da una molecola di glicerolo unita a tre acidi grassi. E gli acidi grassi? Sono catene di atomi di carbonio e idrogeno, con un tocco di ossigeno in punta. 
 
Quindi cos’ha ben pensato di fare questa start up statunitense chiamata Savor?  
Beh usare il carbonio dell’anidride carbonica, trasformarlo e crearci le catene di acidi grassi che formano i trigliceridi che sono nel burro, che mio padre al supermercato comprò.  
No, in realtà non è ancora in vendita, ma a detta di Bill Gates (uno degli investitori della start up) sapore, consistenza, colore e utilizzo sono gli stessi identici del burro alimentare.  

 

Meno mucche sfruttate, stessa quantità di burro

La svolta, più che nel gusto, è a livello ambientale. Questo burro “hi-tech” inquina meno e potrebbe dare una mano seria contro il cambiamento climatico e lo sfruttamento animale.  
L’industria lattiero-casearia, infatti, è tra le più energivore e impattanti sul clima a livello globale. 
Secondo la FAO, l’industria del latte causa il 3,4% delle emissioni globali. 
La maggior parte viene dai gas prodotti dalle mucche, dalla coltivazione dei loro mangimi e dalla gestione dei loro rifiuti.  
Tra i prodotti più impattanti c'è appunto il burro, che ha una delle impronte ambientali più alte all’interno del settore. 
 
In questo contesto, il burro vegetale di nuova generazione rappresenta un’alternativa non solo cruelty-free, ma anche più sostenibile sotto diversi aspetti: 

  • Riduce il consumo di acqua e suolo 
  • Taglia drasticamente le emissioni rispetto al burro di origine animale 
  • È adatto a chi segue una dieta vegana o plant-based 
  • Contribuisce a rendere la filiera alimentare più resiliente e meno dipendente dagli allevamenti intensivi 

 

In pratica, è una delle tante risposte alla domanda: come nutrire il pianeta senza danneggiarlo? 

 

Una nuova dieta?

L’idea di creare cibo senza usare campi coltivati non è nuova, e anzi è già al centro di diversi studi, che puoi andare a leggere sulla rivista Nature Sustainability.  
Si è tanto discusso anche ad esempio della carne coltivata in laboratorio, una rivoluzione che ancora non coinvolge l’Italia, proprio come l'implementazione di insetti nella dieta. Si potrà parlare di rivoluzione quando l’EFSA, e poi la Commissione europea, dovessero concedere il permesso alla commercializzazione di prodotti come questi e sarà possibile assaggiarli anche nel nostro paese. 
 
 
Dunque ripensare la CO₂ significa anche capovolgere la narrativa: da problema globale a materia prima del futuro. Se un gas così discusso può diventare un ingrediente, allora forse siamo pronti a riscrivere il nostro rapporto con l’ambiente. 
Ma ora la vera domanda è: tu, lo assaggeresti? 

 

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